In che cosa crede chi non crede by Carlo Maria Martini Umberto Eco

In che cosa crede chi non crede by Carlo Maria Martini Umberto Eco

autore:Carlo Maria Martini Umberto Eco [Eco, Carlo Maria Martini Umberto]
La lingua: ita
Format: epub
pubblicato: 2010-10-21T22:00:00+00:00


Umberto Eco gennaio 1996

II

Coro

LA TECNICA È IL TRAMONTO DI OGNI BUONA FEDE

di Emanuele Severino

Si va alla ricerca del terreno comune dell'etica cristiana e di quella laica dando per scontate molte cose decisive. Entrambe pensano se stesse come un modo di guidare, modificare e correggere l'uomo. Nella civiltà occidentale l'etica ha il carattere della tecnica. Nella tradizione teologico-metafisica è anzi una supertecnica, perché è capace di dare non semplicemente la salvezza più o meno effimera del corpo, ma quella eterna dell'anima. Più modestamente, ma all'interno dello stesso ordine di idee, oggi si pensa che l'etica sia condizione indispensabile dell'efficienza economica e politica. I modi di guidare, modificare e correggere l'uomo sono molto diversi, ma hanno la stessa anima. Se non si comprende il senso della tecnica e il senso tecnico dell'etica, la volontà di trovare un terreno comune dell'etica dei credenti e dei non credenti brancola nel buio.

Ma esiste un ulteriore tratto comune a quelle due forme di etica: la buona fede, ossia la rettitudine della coscienza, la buona volontà, la convinzione di fare ciò che si è convinti debba essere fatto da ogni essere cosciente. Anche il contenuto della buona fede può essere molto diverso. C'è chi ama il prossimo perché è convinto di doverlo amare; e chi non lo ama perché, a sua volta in buona fede, è convinto che non esistono motivi per amarlo. In quanto agisce in buona fede, anche costui realizza in sé il principio fondamentale dell'etica, cioè il suo non essere semplice conformità alla legge. Etico è l'uomo che in buona fede non ama; non etico l'uomo che ama perché, nonostante la sua convinzione di non dover amare, vuole evitare la disapprovazione sociale.

La convinzione di dover agire in un certo modo può avere motivazioni diverse. Mi sembra questo il tema sul quale ha richiamato l'attenzione il cardinale Martini (v. "Dove trova il laico la luce del bene?", pag. 61). Le motivazioni della buona fede non sono la buona fede e nemmeno il suo contenuto: sono il fondamento della convinzione in cui la buona fede consiste. C'è la convinzione di dover agire in un certo modo, o perché così comanda di agire una legislazione di tipo religioso; oppure perché, con la nascita della filosofia in Grecia, la certezza di conoscere la verità definitiva e incontrovertibile fa sì che la verità sia assunta come legge suprema e fondamento assoluto dell'agire. Ma ci può essere anche chi è convinto di dover agire in un certo modo, pur essendo convinto di non disporre di alcuna motivazione assoluta del suo agire. In tutti questi casi si agisce in buona fede, cioè eticamente; ma la stabilità della buona fede è diversa a seconda della consistenza delle motivazioni.

Quando la motivazione della buona fede è la legge costituita dalla verità incontrovertibile a cui si rivolge la tradizione filosofica, quando la motivazione ha un fondamento assoluto, la stabilità della buona fede è massimamente aiutata e rafforzata (e massimamente aiutata è l'efficacia tecnica dell'etica). Si può lasciare aperto il problema circa la possibilità che in



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